L’altra faccia del Turismo.

Sono uno di quelli che ha sempre pensato che l’Italia, negli ultimi vent’anni, avrebbe dovuto investire nel turismo, essendo un Paese di città d’arte, anziché continuare, come ha fatto nel secolo scorso, a donare soldi a certe famiglie industriali. La riconoscenza, poi, abbiamo visto, ha preferito luoghi fiscalmente più vantaggiosi.

Secondo gli ultimi studi economici, il miracolo spagnolo, vera locomotiva europea, che da sola produce il 40% del PIL, è basato proprio sul turismo. Ma attenzione: l’altra faccia della medaglia descrive il settore come potenzialmente incline a creare precarietà e come un ostacolo alla crescita dei salari, non solo di quelli degli addetti, ma anche di quelli del manifatturiero.

I numeri parlano chiaro: il 42,1% di tutti gli occupati spagnoli sotto i 20 anni lavora nel turismo, e quelli tra i 20 e i 25 rappresentano un altro 26,1%. Gli stipendi sono molto bassi e il lavoro, essendo alta l’offerta, è fortemente precario. Attira lavoratori da altri settori: basti pensare che i posti di lavoro creati dal turismo in Spagna sono il doppio rispetto a quelli della Germania e superano di gran lunga quelli di Francia e Italia.

Comprensibile, dunque, il fascino della movida iberica per i tanti giovanissimi italiani che decidono di trasferirsi, ma una volta sul posto si rendono conto che le aspettative dovranno essere riviste al ribasso.

Quando, durante i convegni di Federalberghi, controbattevo alle lamentele degli operatori che non riuscivano a trovare personale, sostenendo che stipendi e alloggi erano inadatti e fuori mercato, venivo assalito da voci tuonanti che ribadivano come, pur alzando i salari, il personale continuasse a mancare. Si diceva che, rispetto ad altri Paesi, i livelli retributivi fossero allineati.

Certo! esclamo ora, magari con gli operatori spagnoli, che almeno le tasse le pagano per intero. I nostri, invece, negli anni, hanno fatto fortune grazie al nero di cassa, ai mancati controlli, a qualche addetto non in regola, pagato poco e relegato in un sottotetto su una branda, senza aria condizionata.

Oggi la situazione è cambiata?
Stando alle informazioni raccolte tra i dipendenti del settore, alberghi, ristoranti e bar, non proprio. Gli stipendi restano bassi e le ore di lavoro richieste superano in media quelle indicate all’inizio del contratto.

Del resto, diciamolo chiaramente e senza paura: i disoccupati di ogni ceto non si avvicinano al settore perché attratti dai guadagni, ma semplicemente perché è l’unico ambito in cui è facile trovare un impiego immediato. E chi si accontenta gode, anche se non è sulle Ramblas di Barcellona.

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