PMI preoccupate.

Dal rientro dalla pausa estiva a oggi, attraversando reparti e uffici di molte PMI italiane, l’atmosfera che respiro è una sola: preoccupazione.
Tradizionalmente, la produttività resta solida fino a fine novembre. Quest’anno, invece, i dati confermano le sensazioni: aziende che lavorano con i ritmi tipici di metà luglio o di dicembre.

Dopo aver smaltito ferie e permessi residui, molti dipendenti si sono ritrovati impegnati in manutenzioni straordinarie, pulizie e riordini. Ma anche queste attività si sono esaurite. In numerose imprese è già partita la richiesta di cassa integrazione preventiva, da attivare nel caso la situazione peggiori ulteriormente.

Il rallentamento colpisce quasi tutti i settori produttivi. Le cause sono note: domanda debole in Europa, costi energetici elevati, frenata dell’economia globale. Automotive, moda e lavorazione dei metalli sono tra i comparti più penalizzati. Intanto, la crescente preferenza delle famiglie per i servizi continua a indebolire la domanda di beni materiali.

Si salva, almeno per ora, l’agroalimentare, che sembra procedere quasi a pieno regime nonostante l’ostacolo dei dazi sulle esportazioni verso gli Stati Uniti.Ma il quadro generale resta complesso: la domanda di beni industriali cala in tutta l’Eurozona. Le turbolenze dei mercati globali, aggravate dai conflitti internazionali, frenano investimenti e strategie commerciali.

I dipendenti delle PMI percepiscono tutto questo con crescente ansia. I silenzi dei datori di lavoro, spesso privi di una comunicazione chiara e trasparente, aggravano la tensione. Oggi le persone si informano, comprendono i segnali economici, leggono ciò che accade. Non coinvolgerle, non aprire un confronto, rischia di essere interpretato come una mancanza di rispetto.
È un ritorno a comportamenti manageriali degli anni ’80: distaccati, verticali, autoreferenziali. E questo fa perdere credibilità alla governance e alla leadership.

Intanto, molte multinazionali avviano strategie difensive: riduzione dei costi di subfornitura e tagli agli albi fornitori.
Con la produzione cinese sempre più competitiva, sia in qualità sia in tecnologia, la domanda globale si sposta verso i servizi. Un terreno che resta difficile da interpretare per chi è nato produttore.

Per questo serve un’inversione di tendenza.

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