Quell’assurda mancanza di visione strategica verso un patrimonio inestimabile: il turismo.

Posso dire non mi sorprende l’irresponsabile scelta del Governo di non inserire nel Recovery Plan una quota destinata al Turismo nazionale?

Eppure, i numeri parlano da soli, 53 miliardi di euro persi nel 2020, per un settore che produce il 13% del PIL nazionale ed occupa quattro milioni di lavoratori.

Se andate a leggervi i documenti ufficiali, non troverete un euro destinato ad un settore ormai in ginocchio, né nella legge di bilancio, neppure nei decreti ristori o nel Recovery Fund.

E’ insensatezza? No. Solo un’ottusità che si perpetua da anni da parte di chi guida i governi.

Chiunque abbia visitato il nostro bel Paese, ha poi affermato quanto unico e straordinario sia il patrimonio naturale, artistico e gastronomico italiano. Uno straordinario valore aggiunto ad altre qualità tipicamente italiane come il genio creativo.

Ogni italiano ne è perfettamente consapevole e almeno una volta nella vita si è posto la domanda:”Ma perché non valorizziamo di più la risorsa turistica?”.

Viaggiamo in bellissime capitali del mondo e anche quelle minute, senza storia e sparse agli angoli del mondo, con due luci adeguate e guizzo architettonico creativo, sembra siano meravigliose. Una geniale confezione regalo o razionale attenzione al proprio turismo nazionale?

L’idea di quanto poco importi l’evoluzione di questo settore, lo comprendiamo meglio pensando che nel 1993, attraverso un referendum abrogammo addirittura il Ministero.

La convinzione da sempre, e questo rispecchia anche gli imprenditori del terziario e manifatturiero oramai avanti negli anni, è che nulla debba essere fatto o modificato, il turismo ha sempre funzionato; gli stranieri continuano e continueranno a venire come han sempre fatto.

Cambieranno le provenienze seguendo logiche di crescita economica ma un turismo l’avremo sempre. Perché investire? Imbecilli dico io. Perché allora non impacchettate Fontana di Trevi o il Duomo di Milano?

Per anni non vi è stata una politica industriale di settore incentivante ristrutturazioni nel settore alberghiero, oramai nelle mani di grandi catene multinazionali, piani urbanistici, eventi culturali di grande spessore, riposizionati i dovuti corrispettivi delle concessioni agli stabilimenti balneari, formato del personale specializzato per il target di riferimento.

Nel frattempo, nostri vicini spagnoli, sloveni, croati, austriaci, francesi, investivano a man bassa ricevendo consenso internazionale sottraendo una buona quota di mercato.

Non solo, chi puntando sui giovani e chi sulle elite, lasciavano a noi lo squallore del turismo da quattro soldi, quel mordi e fuggi fatto di sneakers consumate e pranzo al sacco. Ancora peggio, non un euro per campagne mirate a trattenere almeno il turismo nazionale.

Complimenti, continuate a inondare di incentivi il settore automotive, infatti in questo momento ogni italiano desidera acquistare un’auto nuova o un monopattino! 

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