Se la vostra coscienza è ancora sensibilmente contaminata da ciò che accade intorno a noi, dentro la Terra in cui viviamo e non nel territorio “social”, le cui mura sono specchi autoriflettenti e isolanti, provate preoccupazione per ciò che leggiamo, vediamo e ascoltiamo.
Ci sono momenti in cui tutto questo mi affligge e avverto, pur nella positività che da sempre mi contraddistingue, paura e smarrimento. Siamo di fronte alla follia di un ramo di governanti e autocrati impazziti, che, d’improvviso, hanno dato spazio all’incapacità di avvertire il pericolo di qualcosa di tremendo e inimmaginabile.
La vera tragedia è che milioni di cittadini in Europa, nel mondo e nei Paesi flagellati dai conflitti non contano nulla, sebbene numericamente potrebbero accerchiarli e farli marcire nelle Patrie galere. Perseguono un gioco di orgoglio patriottico, di potere strategico, di rancorosa vendetta, e lo fanno osservando con stupida e vigliacca indifferenza case, quartieri, città e infrastrutture distrutte.
Regalano morte a centinaia di migliaia di bambini, giovani, anziani, uomini e donne, senza scrupolo. Una morte mai chiesta, desiderata o voluta nel nome di qualcosa di troppo incomprensibile per ogni essere umano che viva nell’essenzialità della vita.
È una morte dove la libertà di scelta cede il passo a un obbligo calato dall’alto e venduto come “dovere” per la difesa dei propri confini, dei porti, delle terre rare e di tutto ciò che crea denaro e potere, e dove la bestia “politica” si sazia, cresce e sceglie i suoi privilegiati, abbandonando il resto al peggiore dei destini.
In queste preoccupate riflessioni trovo che manchi una voce: quella dei popoli, quella che, nei cicli della storia, molte volte ha fatto la differenza attraverso rivolte e sommosse o semplicemente disobbedienza civile in grado di deporre poteri illimitati. Se un giorno questi popoli scendessero in massa nelle piazze dei loro Paesi, milioni di cittadini potrebbero fare la differenza, auspicando che gli eserciti voltino altrove le loro armi.