Voci affievolite quando si contraddice la cultura ebraica.

Lo pensano in molti ma lo dicono in pochi, almeno nel mondo dell’amplificazione giornalistica, così provoca il noto sito Dagospia, riflettendo appieno il mio pensiero.

Una convinzione quella che scrivo ora, non nata oggi ma coltivata negli anni. Parlo di ogni argomento, economico, politico, religioso o sociale che riguardi Israele e il suo popolo. Di certo un grande popolo e un’importante cultura.

Ora però, mi riferisco al rapimento del piccolo Eitan da parte del nonno paterno, indagato dalla Procura della Repubblica di Pavia.

Parto dalle affermazioni di Shmuel Peleg e parenti vari: “Deve essere educato come un ebreo senza dimenticare la tradizione del popolo a cui appartiene”.

La domanda è semplice: “se il bambino fosse stato rapito da un nonno di fede mussulmana e la frase circoscritta a quella cultura, ci sarebbe stata solo la semplice trasposizione del fatto di cronaca con la edulcorata compassione per il bambino?

Credo fermamente di no e mi piacerebbe essere smentito.

Un’armata brancaleone dalla politica alla finanza per non parlare del salotto intellettuale radical chic, si sarebbe sbracciata nella solita crociata a sfondo religioso-razzista.

Il potere economico mondiale ma non solo, è così forte da parte israeliana che quasi tutti hanno paura di imbarcarsi in avventure senza ritorno.

Avete fatto caso che ogni qualvolta si obietti un’azione politica, militare o economica la prima conseguenza è un inevitabile attacco che porta a classificarti come antisemita?

Perché una questione che ha da sempre l’orrore nella sua storia e non avrebbe mai dovuto aver origine, viene usata come scudo per distogliere a volte da comportamenti o azioni politiche sbagliate?

Ogni giorno sentiamo accuse trasversali, dagli Stati Uniti alla Russia, dalla Cina all’Arabia Saudita o Corea del Nord ed ognuno è libero di dire la propria.

Lo scrivono i giornali, lo dice la televisione nei TG e talk, lo scrive la Rete. Quando però i fatti riguardano quell’area del MedioOriente, le penne si irrigidiscono, le voci si affievoliscono e le parole prendono la leggerezza di una carezza anche quando servirebbe un bel ceffone.

Da settimane i giornali avevano scritto delle discordie tra i parenti in Italia e quelli in Israele sulla questione affidamento, a tutti erano chiare le vari dichiarazioni di chi voleva tornasse nel mondo israeliano per una cultura ebraica ma anche in questo caso, pianificare, organizzare e attuare un rapimento è stato un gioco da ragazzi nel nostro Paese dei balocchi.

Il portavoce del Ministero degli esteri israeliano afferma sia stata un’azione illecita, l’avvocato del nonno dice una reazione istintiva noi diciamo che lo spirito di una cultura da sempre poco incline all’obiezione di terzi, ha prevalso.

Da Tel Aviv i parenti dicono :”bisogna scegliere un’istruzione e una fede ebraica” e mentre lo dicono, vanno ad arrogarsi il diritto di sentirsi superiori, ma loro lo pensano da sempre.

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