La storia della studentessa suicida alla IULM di Milano ha scosso un pò tutti. Il dramma non conosce età anagrafica nel rilasciare emozione e dolore ma quando si tratta di giovani fa notizia.
Alcune sue colleghe hanno scritto una lettera pubblica chiedendo rispetto e nel contenuto mi soffermo su questo passaggio: “ “Non possiamo tacere davanti all’ennesima giovane che mette fine alla propria vita a causa del proprio percorso universitario. Ci viene chiesto perennemente di ambire all’eccellenza, ci viene insegnato che il nostro valore dipende solo ed esclusivamente dai nostri voti. Questo sistema universitario continua e continuerà ad uccidere. Serve prevenire, serve costruire un sistema accademico ed universitario in grado di insegnarci che non siamo numeri ma persone”.
Ho dedicato tempo di riflessione e confronto a questo argomento, alla scuola del merito, incontrando ricercatori della Fondazione Einaudi.
Perché una sana competizione in questo Paese deve essere considerata un’eccesso?
Cosa porta ad ottenere successo nella vita professionale? Impegno, sacrifici, tenacia e ferrea volontà di farcela. In cima a tutto però vi è la libertà, quella di scegliere. Possiamo essere uno tra i tanti o qualcuno dei migliori.
Le aziende affermate selezionano i più bravi, perché non hanno nella mission il no profit ma il business.
Affrontare percorsi di studio impegnativi e ancor più in Università di prestigio significa aver consapevolezza delle proprie capacità e di sé stessi come persone.
Imputato è il sistema d’insegnamento, il quale ha certo la responsabilità del metodo a maggior ragione quando deve porre regole creando stress emotivo, ma stimolare a competere in maniera costruttiva è un insegnamento di vita, utile nel futuro mondo del lavoro ma anche nel dotarsi di un’identità nel contesto sociale privato.
L’odierno sistema sociale invece, contribuisce in negativo a tutelare i giovani, li avvolge in una bolla di confort, dove la sconfitta non viene insegnata e se citata è classificata come puro fallimento, qualcosa di cui pentirsi per tutta la vita.
In Italia anche il sistema economico d’impresa la pensa purtroppo così.
Sono però le sconfitte a forgiare i migliori, spingendoli ad interrogarsi sugli errori compiuti e ad accendere la voglia di riprovarci o ripensare a soluzioni differenti.
Il coraggio di vedere e analizzare le cose da prospettive differenti, proprio come insegnava “Robin Williams” nell’Attimo Fuggente.
Ecco, rispettando il dolore, fermiamoci qua. A questi giovani dico:” siete liberi di scegliere il meglio ma se vi accorgete di non farcela fate un passo indietro, non è una laurea a rendervi persone migliori. ”