Corporazioni italiane, come metastasi incurabili.

Se le corporazioni sorte in Europa e in Italia dal 1300 al fine di regolamentare e tutelare le attività degli appartenenti a una stessa categoria professionale erano ben integrate negli interessi generali del Paese, oggi non possiamo dire la stessa cosa nel nostro Paese. In Europa, queste associazioni mantengono un profilo sociale moderato, interferendo il minimo necessario nelle politiche nazionali.

Nel Bel Paese, invece, dagli anni ’80 in poi, queste corporazioni, intimorite dal fatto che il Parlamento potesse mettere ostacoli alle loro redditizie attività, spesso ereditarie come i titoli nobiliari, hanno alzato gli scudi. Per prima cosa, hanno piazzato molti loro rappresentanti nella politica affinché potessero agire nelle specifiche commissioni legislative, mentre coloro con attività più fisiche e meno concettuali facevano sentire la loro voce per strada.

Una di queste, i tassisti o tassinari come li chiamano a Roma, arriva a tenere sotto scacco qualunque governo tenti di interferire nella regolamentazione della loro attività di pubblico servizio. Eppure, ogni italiano in viaggio di lavoro o per tempo libero ha vissuto l’esperienza di trascorrere moltissimo tempo d’attesa in lunghe file fuori da stazioni o aeroporti, trovandosi nell’imbarazzo di non poter pagare con bancomat o carta, o rendendosi conto di essere portato sulla strada più lunga per pagare di più a destinazione.

Ma del resto, cos’altro potrebbero fare questi moderni giacobini romani se non imprecare e fare piazzate diventate virali in tutto il mondo? I loro amici delle corporazioni di commercialisti, notai, tributaristi, accademici universitari, per esempio, hanno mezzi diversi e più potenti: loro le cose se le sistemano da soli e in silenzio.

Noi cittadini, che abbiamo necessità di una burocrazia meno complessa per renderci autosufficienti ed evitare onerose spese, dobbiamo solo subire. Subiamo parcelle e disservizi; l’abitudine crea assuefazione, cioè conseguente indifferenza al problema.

Chi governa, però, a differenza nostra, ha l’obbligo di agire, ma oltre le promesse elettorali tutto resta immutato. Si passa dalle riforme agli incentivi per le famiglie, dagli sgomberi forzati di centri sociali o di immobili occupati abusivamente, alle piaghe dei ghetti stradali con immigrazione delinquenziale, fino all’incapacità di porre fine al ricatto di una corporazione tassinara che indigna l’Italia intera.

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