Francesco e il coraggio di andare lontano dall’élite.

Il viaggio in Congo di Papa Francesco è il quarantesimo dalla sua elezione e dal 2013 ha visitato 58 Paesi, solo 9 nell’Unione Europea.

Padre Federico Lombardi ha definito Ratzinger l’ultimo Papa europeo partendo dalla considerazione che Francesco abbia maggior dedizione al resto del mondo.

A mio parere però, non sono solo i numeri a sostenere le ragioni di Francesco ma anche i principi fondamentali del Vangelo e della Chiesa.

I cattolici nel mondo sono circa 1 miliardo e 359 milioni, solo il 35% sono europei. Su 266 Pontefici, 213 sono stati italiani, 15 francesi, 8 greci insomma i numeri evidenziano chiaramente lo storico disequilibrio di rappresentanza e accentramento del potere temporale.

Mi chiedo, se nel corso dei secoli i cattolici di altre Nazioni si siano mai lamentati di non esser rappresentati  o nei tempi moderni di non esseri visitati assiduamente dal Santo Padre.

La rappresentanza o il potere hanno sempre prevaricato, sminuendolo, il contesto spirituale? Forse sì.

Nel tempo in cui il cattolico occidentale si allontana da una Chiesa poco incline a soddisfare le sue esigenze umane, resiste quello di altre culture. I seminari sono ricchi di giovani che provengono da Asia ed Africa e le nostre parrocchie sono sempre più contaminate da loro.

Si sono erette barricate a difesa di una pura fede rispetto a quella professata da Papa Francesco. Perché esistono due modi di avere fede e professarla?

Ci risentiamo quando finalmente qualcuno si preoccupa anche degli ultimi? Di coloro di cui ci si sarebbe dovuti occupare negli anni anziché emarginarli ulteriormente?

I missionari son certo stiano con Francesco perché ne hanno profondamente compreso il Magistero, dentro le curie e le organizzazioni ecclesiastiche trasformate in centri d’affari, meno.

Era il momento giusto d’esser vicini e non solo a parole a fratelli che vivono in Paesi lontani dalla classica elitè, sì anche quella europea.

Per cui, ben venga il viaggio del Papa nel Congo, terra del cobalto e disumana condizione sociale, dove l’estrazione di questo prezioso e conteso bene industriale, è considerata una delle attività più sporche che ci siano per la dignità umana.

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