Italia in “burnout”. Molte cause, non solo il lavoro.

L’impressione nelle ultime settimane è quella di essere vicini ad un corto circuito psicologico. Gli esperti lo chiamano “burnout”, tradotto, quando lo stress ci manda in tilt.

Non voglio però correlarlo all’attività lavorativa di ognuno di noi ma a tutti gli agenti esterni che ogni giorno contribuiscono a creare incertezze e quindi instabilità.

I segni più evidenti sono, come le chiamavano un tempo, le guerre tra poveri. I romani che hanno percorso il GRA ieri ne sanno qualcosa, dopo ore di blocco stradale, polizia, ambulanze e giornalisti.

Seduti a gambe incrociate sull’asfalto con uno striscione, attivisti del gruppo ambientalista «Ultima Generazione» ha bloccato la circolazione dell’anello stradale. L’azione dimostrativa ha provocato disagi in molti automobilisti arrabbiati. Scesi dalle vetture hanno preso di peso gli attivisti che impedivano il passaggio e li hanno spostati.

Botta e risposta con messaggi chiari. “Io ho il diritto di andare a lavorare per dare da mangiare ai miei figli» o “ È l’ultimo avvertimento, la Terra sta rivoltandosi per quello che gli abbiamo fatto”. Chi ha ragione? Ambedue le fazioni ovviamente.

Il problema, restano i penalizzati da queste azioni che certo non sono mai i governanti. L’elenco credetemi è lunghissimo se ci voltiamo alle spalle.

Le restrizioni pandemiche, il costo del lavoro alle stelle, l’incapacità di monitorare e calmierare aumenti di prezzi strumentali e non oggettivi, una violenza dilagante, anche minorile generata anche dalle condizioni di precariato occupazionale, un’immigrazione senza politiche di integrazione, costo del carburante alle stelle che, ricade sui costi di produzione e trasporto merci ma anche sul lavoratore che deve recarsi in azienda.

Dimentico qualcosa? Sì, tasse e accise raccapriccianti, costo dell’energia in costante ascesa, approvvigionamento materie prime in crisi, sistema bancario delinquenziale, pensioni da fame e diritti civili in parte omessi dal bigottismo ipocrita di cui il Paese respira.

Riusciamo ad attribuire qualche colpa a tutto questo? Ci proviamo.

Una classe politica inadeguata, troppo asservimento ad un’Unione Europea sbiadita dalla sua stessa inutilità ed incapacità di rendersi attiva con politiche unitarie, dalla estera alla difesa. Anche sul piano dell’autorevolezza, restiamo l’amico sfigato che si accompagna di volta in volta a quello figo, leggo Germania e Francia.

Nell’elenco poi seguono le caste, quelle che si auto proteggono, ricattano e impediscono i cambiamenti e per finire lo Stato del Vaticano, tra le molte cose buone però, ha quel vizio costante di tenere un piede oltre Tevere rallentando evoluzioni e cambiamenti politici ma anche legislativi necessari alla società civile.

Ce n’è abbastanza per causare burnout e fino a quando le proteste non andranno a prendere i veri colpevoli, le conseguenze restano nelle case e tasche dei comuni mortali, oggi, neanche più alla canna del gas dato il costo.

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