Resuscitano le purghe staliniane dal dittatore del XXI°secolo.

“Chi non punisce il male, comanda che lo si faccia”. Parole di Leonardo Da Vinci, dirette e cariche di significato.

Se ancora aveste un dubbio del male incarnato da Vladimir Vladimirovic Putin, ascoltate il discorso ai membri del Governo di ieri. “L’Occidente usa i nostri traditori per distruggere la Russia. Ogni nazione, soprattutto quella russa, è sempre capace di distinguere i veri patrioti dai bastardi e dai traditori, li sputeremo come moscerini finiti in gola”.

È solo un tratto della ferocia verbale utilizzata, chiaro messaggio agli oligarchi che prima son serviti ad ottenere soldi per consolidare il potere interno e poi per far svanire nel nulla più di seicento miliardi di dollari, di un ipotetico patrimonio personale dello Zar infame.

Nei primi giorni ho trovato eccessivo alcuni paragoni giornalistici di Putin con Hitler, Mussolini o Stalin, ma la durezza del messaggio di ieri mi ha spinto a convenire.

Il monito era rivolto alla dissidenza pubblica di oligarchi vigliacchi e famiglie ma anche al comune cittadino o al settore della cultura, pensiamo alle prese di posizioni di intellettuali universitari, personaggi dello sport, spettacolo che in questi giorni hanno espresso contrarierà alla guerra.

Parole che rievocano gli anni del Grande Terrore Staliniano degli anni ’30, processi sommari ed innumerevoli torture ed esecuzioni.

Uno spietato sanguinario in delirio di onnipotenza e in evidente difficoltà, avverte crepe di dissenso e questo lo rende ancor più furioso, non solo per le parole di Biden che lo definisce agli occhi del mondo un criminale di guerra, ma probabilmente anche per le migliaia di cittadini russi che stanno fuggendo con ogni mezzo.

La verità non si può spegnere, la si può sospendere ma quando riemerge acceca, e uccide tutti i dittatori come Putin, non possiamo però accostare tutto il Popolo russo ad una figura che passerà alla storia del XXI secolo per il danno economico, sociale e d’immagine arrecato al suo Paese.

In contrapposizione arriva il bene e la domanda: ” potrà mai un Popolo, quello Ucraino, perdonare il colpevole?” I dittatori si sa, muoiono convinti di esser stati nel giusto.

Insegna Gemma Calabresi, moglie del poliziotto Luigi Calabresi assassinato negli anni di piombo che il perdono non vada chiesto, vada dato e basta. E lo si fa non tanto per chi viene perdonato, quanto per se stessi.

Un conto però è il perdono di un singolo l’altro è di una collettività.

Allora pensiamo al perdono che appartiene alla storia politica, in cui l’dea del perdono è un ideale nobile attorno a cui si sono costruite fedi religiose e capolavori letterari, un perdono senza cittadinanza. 

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