Quella Piazza Duomo che umilia e discrimina.

Non manco da buon sportivo di complimentarmi con gli amici interisti per la loro vittoria nazionale, ma ho molta amarezza vicina allo sdegno per il simbolismo dei festeggiamenti.

Mentre passeggiavo per una delle piazze  lombarde più incantevoli, Piazza Ducale a Vigevano, ad un tratto urla di gioia e clacson di auto sovrastavano quiete e armonia di un primo pomeriggio primaverile in semi libertà vigilata.

Alla vista delle bandiere dai finestrini abbiamo compreso: l’Inter ce l’aveva fatta dopo anni d’attesa.

Pensare alla condizione di privazione sociale dell’ultimo anno e gioire vedendo quell’esplosione di contentezza collettiva non poteva che far sorridere.

Ma dopo qualche ora, controllando notizie on line dallo smartphone, quell’euforia si è trasformata in autentica rabbia.

Quelle immagini in prima pagina, non rimandavano alle bandiere e alla gioia ma alle centinaia di migliaia di ristoratori, baristi, albergatori, commercianti, titolari di palestre ecc.

Il fermo immagine di quella piazza Duomo a Milano, gremita di tremila tifosi accalcati, pur con mascherina al volto, ha umiliato migliaia di italiani, privati della libertà di esercitare il proprio lavoro, sostenersi economicamente, contribuire all’economie di altrettante famiglie loro dipendenti.

Il problema non è Milano, Roma o Torino, scommetto senza dubbio sarebbe accaduto anche altrove con tifoserie differenti.

Il punto sconfortante della vicenda resta sempre lo stesso: la capacità di gestione del potere, quello che per le aziende si chiama management e chi lo governa.

Da quante settimane si ipotizzava la vittoria dello scudetto ai nerazzurri? È forse stato un evento improvviso? La radio ha annunciato la fine della Guerra e milioni si sono riversati nelle strade? No. Lo sapevano anche i poco vicini agli ambienti sportivi e calcistici.

Quando accade qualcosa di grave dentro un’azienda, il Consiglio d’Amministrazione o la proprietà, convoca il manager e chiede come possa esser accaduto e se nel cassetto non avesse avuto il cosiddetto piano B, quello di prevenzione che mette al riparo da situazioni ingestibili dell’ultim’ora.

Lo stesso che Ranieri Guerra dell Organizzazione Mondiale della Sanità italiana avrebbe dovuto avere quando scoppiò la pandemia e a Bergamo morivano migliaia di uomini e donne. Invece non solo non era aggiornato da anni ma cercò di insabbiare. Cose italiane.

Tra poco si terranno le elezioni amministrative a Milano, tra le tante cose, lei Sindaco Sala, che ha da manager gestito grandi affari come l’Expo, non scivoli di nuovo su questioni di ordine pratico, bastava chiudere la Piazza a mezzogiorno in accordo col Prefetto, e stavolta nei seggi, commercianti e ristoratori potrebbero non avere memoria corta. 

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